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Angelo nero 1998

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LA SCENA

La scena si svolge nell’angolo di un campo di basket, in una palestra di cui abbiamo una veduta solo parziale. In scena un cesto da pallacanestro, una panchina per i giocatori che devono entrare, una sedia astrattamente sospesa in aria, come se un giocoliere-acrobata dovesse farci le sue evoluzioni.Per terra, un linoleum a colori vivaci.

LE MUSICHE

Le musiche hanno vari temi che si intrecciano con un motivo conduttore.

I COSTUMI

Due tute da ginnastica: una blu, per lui, l’altra bianca, per lei.

 

LEI Come stai?
LUI Lasciamo stare i convenevoli. Dov’è?
LEI (indicando un bicchiere colmo di liquido sulla panchina) Sta lì.
LUI Ah. .
. Pausa..
Tutto pronto, eh?
LEI Come è stato deciso..
LUI Come avete deciso per me..
LEI La decisione è stata presa a maggioranza. E tu l’hai accettata.
LUI Lo so, lo so. E so anche che tu sei l’unica che ha votato contro..
Pausa.
Perché hanno mandato proprio te?
LEI Non lo so..
LUI Non hai provato a immaginarlo?
LEI No. Ma che senso ha?
LUI Lo ha per me..Provaci.
LEI Forse hanno pensato che sarebbe stato meno… traumatico, per te.
LUI Che sciocchezza. Nessun trauma. Siamo ospiti della vita, no? E gli ospiti,quando la festa è finita, se ne vanno. Specie se non sono più graditi. Allora, perché proprio te?
LEI Probabilmente per via della nostra…”tenera amicizia”.
LUI Ah, ecco! La nostra “tenera amicizia”!
LEI Non capisco la tua ironia.
LUI Davvero?
LEI Davvero. Tu lo sai che io…ti ho voluto bene.
LUI Sì, lo so. Ma il tuo affetto non mi ha portato lontano.
LEI Capisco la tua amarezza. Ma questo che c’entra?
LUI Niente, scusami.
Pausa..
LEI Come ti senti?
LUI Vuoi dire se sono pronto?
LEI Questo lo so. Sei forte.
LUI Già, sono forte.
LEI Avresti preferito un’altra al mio posto?
LUI No, no, va bene così. Tu pensi che io sia forte, quindi non ti
posso deludere. Devo essere forte.
LEI Adesso riconosco il tuo humour.
LUI Diventa sempre più nero.
Pausa.
Devo bere subito?
LEI Ma no! Non c’è nessuna fretta!
LUI Entro stasera dev’essere chiusa la partita. Non è così?
LEI Sì, ma non pensarci. Non pensiamoci.
LUI Giusto. Pensiamo ad altro. A cosa?
LEI A noi.
LUI Al nostro futuro?
LEI Basta con questo sarcasmo.
LUI Allora pensiamo al passato. C’è stato davvero, un passato, tra noi?
LEI Sì che c’è stato. E l’abbiamo perfino teorizzato.
LUI Non mi sembra di ricordare.
LEI Me ne ricordo io. Un giorno, all’Università. Ci desti da leggere un libro di uno psicanalista cileno.
LUI Era “”L’inconscio come atti infiniti” di Matti Blanco.
LEI In quel testo c’era un passaggio che mi aveva molto colpita. Diceva che l’emozione non è irrazionale. “L’inconscio – scriveva, lo ricordo a memoria – non è più la cantina freudiana del rimosso. “ Insomma, se avevo capito bene, sosteneva che l’emozione viene dall’inconscio ma è la coscienza del pensiero logico.
LUI Avevi capito benissimo. Per Matti Blanco l’emozione è legata al concetto di infinito, altro che irrazionalità!
LEI Grazie, ora mi è tutto chiaro.
LUI Che cosa, ti è chiaro? E poi, che c’entra, tra noi?
LEI C’entra, c’entra, professorone. La nostra storia seguiva la logica dell’irrazionalità, come hai detto tu.
L’emozione di stare insieme, di volersi bene, andava oltre il concetto di tempo. Tu avevi 71 anni, io 21, ma
questo non voleva dire niente. L’illogico aveva sconfitto il logico.
Pausa.
La nostra storia somigliava un po’ a quella di quel film famoso, come si chiama…sì! “Harold e Maude” …..Un adolescente che vuole sposare una scultrice ottantenne….Era il trionfo della fantasia, della libertà, del disprezzo delle convenzioni….
LUI Guarda che il ragazzo, Harold, era un necrofilo.
LEI Rovini tutto. Non puoi fare a meno di pensare a….
LUI Cerco di non farlo.Capisco che vuoi distrarmi, che vuoi farmi pensare a ieri perché dimentichi l’oggi.
LEI No,non ho voglia di consolarti. Non sono l’angelo che viene a dirti che stasera berrai il nettare con i beati.
LUI (ridendo) Se lo facessi ti direi – Vacci tu, a bere con i beati, io sono astemio……..( Ridono.)
LEI Sai che all’inizio, quando ti ho conosciuto, all’Università, non mi piacevi affatto?E anche io ti ero
completamente indifferente, ne sono sicura.
LUI Non era così. Il fatto è che non mi guardavi mai negli
occhi. Avevo l’impressione che mi ignorassi completamente, che non ti fregasse niente di quello che dicevo,che mi considerassi solo un vecchio barboso e pedante…Te ne stavi lì, sul tuo banco, insieme con gli altri. Avevi un maglioncino nero, i capelli neri, gli occhi neri. Reclinavi la testa da un lato, senza guardare nulla. Sembravi un animale ferito.
LEI Tu invece troneggiavi, sicuro di te.
LUI Oh, sicuro, poi…Diffida di chi sembra sicuro di sé.
LEI Tu mi mettevi soggezione, ma ti ammiravo, non perdevo mai una tua lezione, anche se mi fingevo distratta. Tu eri il nostro guru, il nostro filosofo…Sapevo molte cose di te. Mi ero informata.
Mi avevano detto che non avevi mai voluto sposarti.
LUI Ti avranno detto che mi bastavano le mie allieve. Che ero un donnaiolo. Anzi, no: com’è che viene definito
uno che ha una certa età e ama ancora le donne? Un
vecchio porco.
LEI Non ho mai pensato a te come a un vecchio.
LUI Non c’era bisogno di pensarlo, bastava guardarmi….
LEI Sciocco.
LUI Ho capito. Non ti sembravo un vecchio. Solo un porco.
LEI Non so perché vuoi ferirti e vuoi ferirmi.
LUI Ma no che non voglio ferirti! Sono vecchio, vecchio!
Ho settantadue anni. Nel Medio Evo sarei stato considerato un Patriarca. E gli Antichi Romani mi avrebbero buttato giù dalla Rupe Tarpea!
LEI Non siamo né nell’antica Roma né nel Medio Evo.
LUI Eccolo, il pragmatismo dei giovani! “Non siamo né nel
Medio Evo né nell’Antica Roma”!
Pausa.
Non parliamo più di quello che è stato tra noi. E’ durato” L’espace d’un matin”, come scrive Ronsard. Anzi, per dirla in termini teatrali, “L’espace d’une matinée”, lo spazio di una “matinée”.
LEI Non mi fai ridere con questi giochetti cimiteriali. Io voglio ancora parlare di noi. Sai che a volte ti sognavo? Ma non erano sogni erotici. Ero nuda, ma tu mi guardavi senza desiderio. Mi guardavi vivere. Forse per questo non osavo alzare gli occhi su te, la
mattina. Mi vergognavo, mi avevi vista nuda. Poi, quando ci siamo trovati in maggiore intimità, quando abbiamo cominciato a parlare e a parlare, a dirci tutto di noi, ho scoperto di volerti bene. E la tenerezza che mi chiedevi te la davo a piene mani, con gioia, come a….
LUI A un padre? Un padre che ti amava con quella morbosa intensità che odora d’incesto?
LEI Ma no, che incesto!
LUI Forse eri una gerontòfila.
LEI Smettila con queste battute stantìe. Avevo bisogno di
uno più grande che si prendesse cura di me, che mi
convincesse che quello che facevamo era giusto, che non potevamo che prendere la strada che avevamo preso per sfidare le regole….In famiglia nessuno mi
avrebbe capito, non avevo che te, e tu eri dei nostri….
LUI Però ho deviato.
LEI Io non ti giudico, non ti ho mai giudicato.
Pausa.
Ero incerta, allora, avevo bisogno di consigli, forse non stavo bene, ero malata, ero piena di stranezze….
LUI Tutti sono pieni di stranezze. Dunque eri sanissima.
LEI (con malizia un po’ infantile) Quali erano le mie stranezze, secondo te?
LUI (ci pensa, sorride) Non so, ne avevi tante…Per esempio, dopo aver fatto l’amore, immancabilmente, piangevi.
LEI E questo che voleva dire, secondo te?
LUI Che avevi l’EROS RIENTRANTE, l’Eros del pentimento cattolico.
LEI Ma che pentimento cattolico! Forse piangevo soltanto perché ero felice. O infelice.
LUI Hai ragione. Sei sempre stata troppo sensibile. Lo sei
ancora, sei sensibile….come un’arpa eolia. Sai cos’è, l’arpa eolia?
LEI No.
LUI E’ uno strumento fatto di fili metallici che vengono esposti all’aria. Un alito di vento e suonano.
LEI (con allegria) Bello! E io sarei così? Suono?
LUI Ma sì. Basta esporti sulla cima d’un colle….
LEI Vuuhuhuhuuuu!
Ridono. Pausa.
LUI Quanto dura?
LEI Cosa?
LUI L’effetto.
LEI Una ventina di minuti. Più o meno. Ma mi hai promesso di non pensarci!
LUI Io non ti ho promesso nulla. Sei tu che vuoi che non ci pensi.
LEI Voglio che tu pensi a me. Non ti va?
LUI Non piangere.
LEI Non piango.
LUI Ma se stai piangendo.
LEI E con questo? Lo sai che piango facilmente.
LUI Lo so. Se uno ti guarda, piangi. Se ti fissa, giù, il diluvio!
LEI Scemo.
Pausa.
LUI Vai ancora da lui?
LEI Sì.
LUI Quante volte?
LEI Una ogni quindici giorni.
LUI Vai lì, ti lasci ipnotizzare, poi ti svegli, paghi, saluti e te ne vai.
LEI Non pago. Non li vuole più, i miei soldi.
LUI Vorrà altro. Sai, questi guaritori…
LEI T’ho detto mille volte che non è un guaritore! E’ un medico.
LUI Ma sì, ma sì, quando ti tocco il tuo taumaturgo scatti come una pantera!
LEI Non è un taumaturgo! Non fa mica miracoli!
LUI Con te ci prova. No, scherzo. E’ un fachiro!
LEI Oh, basta! Non è un fachiro, è un grande chirurgo che opera con l’ipnosi!
LUI Quale operazione deve farti?
LEI Nessuna.
LUI E allora che ti fa? Ti canta la ninna-nanna per farti addormentare?
LEI Nooo! Mi guarda!
LUI Ti guarda. E tu…pluf!
LEI (esasperata) Sììì ! Io…pluf!
LUI E dopo?
LEI Sto meglio.
LUI Resti sdraiata o seduta, sul lettino?
LEI Ma non sai proprio niente dell’ipnosi! Non c’è nessun lettino! Nessun divano! Non è la psicanalisi! Dormo in un letto vero per qualche ora!
LUI (serio) Già,in un vero letto. Può essere rischioso, no?
LEI In che senso?
LUI Può scapparti detto qualcosa dell’organizzazione.
LEI Non c’è nessun pericolo. Dormo ma in realtà non dormo. Non perdo coscienza. Sono vigile. E quando mi
sveglio, “so”….
LUI Prima scherzavo, mi diverte prenderti un po’ in giro. E’ il metodo eriksoniano. Lui ti mette in trance e tu attivi forze interne e coscienti per riorganizzare la tua realtà. Funziona?
LEI Sì che funziona.
LUI Bene. Si vede che il vecchio Charcot è ancora attuale.
LEI Chi?
LUI Jean-Martin Charcot, uno dei primi che ha cominciato a pasticciare nel cervello umano. Nell’800 curava l’isteria con l’ipnosi.
LEI Ma io non sono isterica!
LUI Non ho mai detto questo. Tu sei solo psicolabile.
LEI Cosa sarei?
LUI Sei una ragazza dotata di estrema sensibilità, al punto da avere reazioni emotive abnormi. Sei, non so, come una gazzella con pulsioni da elefante. Tu non vivi. Senti. Ma come dice Matti Blanco?
LEI L’emozione è più forte della razionalità.
LUI Appunto. La tua anima è grande e deborda dal suo corpo per riversarsi su quelli degli altri.
LEI Mi stai prendendo in giro?
LUI Ma no, ma no! Tu debordi davvero! Forse per questo eri stata scelta per il ruolo di arruolatrice.
LEI Anche tu hai fatto l’arruolatore.
LUI Sì, ma ex-catedra, approfittando del mio ruolo di docente. Chi insegna, lo sai, manipola le coscienze. Ma ormai è roba del passato. Da quando l’Università mi ha messo in pensione sono diventato un ferro vecchio. E anche le mie idee devono essersi arrugginite, tant’è vero che non collimano più con quelle degli altri del nostro gruppo. E per questo, pago. Ma ora devo bere….
LEI No, aspetta. Devo ancora dirti qualcosa di “prima”, di
quando facevo l’arruolatrice. Io…lavoravo in Facoltà.
Avevo il compito di raccogliere sfoghi, confessioni, insofferenze dei miei colleghi, poi dovevo vagliare ogni cosa e avvicinare il soggetto giusto per arruolarlo.
LUI Questo lo so, è il metodo classico.
LEI Il mio non lo era tanto. Dovevo, volevo creare confidenza assoluta con il nuovo affiliato, e ricorrevo spesso…all’intimità.
LUI Vuoi dire che ci andavi a letto?
LEI Sì. Era l’unico modo per sentirmi sicura di non prendere abbagli. Ma non sceglievo. Per me era lo stesso. Gli uni valevano gli altri.
LUI Quanti?
LEI (irritata) Ma non lo so!Una dozzina, forse meno.
LUI Beh, cosa vuoi che sia per una ragazza di ventidue anni? E poi, che c’è di strano? E’ una vecchia ricetta cattolica. “Non lo faccio per amor mio, ma per amor di Dio”.
LEI Sei insopportabile, quando dici queste stronzate!
LUI Mi sopporterai ancora per poco.
Pausa.
LEI (piange) Scusami…
LUI Non c’è niente da recriminare. Sono io che l’ho voluto.
LEI Lo so! Ma perché? Perché? Potevi evitare di farti processare! Potevi andartene, come hanno fatto tanti altri!
LUI Già. Potevo anche fare il delatore.
LEI Non ho mai pensato a te come a una possibile spia.
LUI La verità la conosci. C’eri anche tu quando mi avete processato in privato…in contumacia, stavo per dire, ma no, io ero lì, all’Università, tenevo da senior un seminario molto duro…Il che non deve aver migliorato le cose.
LEI Infatti. Potevi essere la nostra coscienza critica. Invece sei diventato pubblicamente un dissenziente.
LUI No, non è così. Il mio era un dissenso sul metodo. E’in questo senso che ho deviato, lo sai.
LEI Ho cercato di far capire agli altri la tua presa di posizione ma non c’è stato niente da fare. E poi, sapevano di noi. Eravamo uno scandalo perfino per loro, ma uno scandalo sommerso, ovattato, smorzato.
LUI Scommetto che Ivan è stato il più falco di tutti.
LEI Non dovrei rivelare le risoluzioni del…..Sì.
LUI Ci avrei giurato. L’ho sempre sentito nemico. Forse era geloso della nostra…com’è che l’hai chiamata? Ah, sì, “tenera amicizia”.
LEI Lo escludo. La mia storia con lui era finita da un pezzo.
LUI Cosa?
LEI Ho detto che era roba passata. Morta.
LUI Tu…sei stata con Ivan?
LEI Non dirmi che non lo sapevi.
LUI Non lo sapevo.
LEI Ma lo sapevano tutti!
LUI Io no. E ti dirò di più. Se me l’avessero detto non ci avrei creduto.
LEI Perché?
LUI Perché non riesco a vedervi, insieme, voi due.
LEI Infatti era una cosa sballata. E l’amore non c’entrava per niente. Sapessi quante cose ho fatto, con lui, di cui ancora mi vergogno.
LUI Mi riempi la mente di immagini oscene.
LEI Tu lo conosci, Ivan. E’ il più coraggioso di tutti, lo mandano sempre in prima linea. Ma è un uomo rozzo e volgare. E con le donne…con me…era violento! Tu sai, l’hai detto tu stesso, una volta, che la donna conserva il ricordo di un ancestrale masochismo, o, almeno, di un’antica soggezione all’uomo.
LUI Momento. Ho anche detto che si ritiene che l’uomo abbia reagito a quello che viene considerata da alcuni il primordiale strapotere femminile. Roba dell’epoca del matriarcato insomma. Giusto per precisare. Continua.
LEI Io ero così, con Ivan. Ero un suo strumento. Ero sempre pronta, per lui. Correvo appena mi chiamava. Da lui ho conosciuto solo….la violenza! Mi faceva paura. Non c’era un briciolo di stima, tra noi, nessuna dolcezza, nessuna complicità, niente di niente! Solo violenza, violenza, violenza! Io sopportavo tutto, ero come ipnotizzata….no, non ironizzare con l’ipnosi…è così. Ed è con l’ipnosi che mi sono liberata di quell’incubo. E’ da allora che ho cominciato la cura….perché anche altri si sono scaricati su di me. Degli uomini ho conosciuto solo la brutalità.
LUI Forse perché hai quest’aria apparentemente indifesa. D’altra parte gli uomini sono vigliacchi, tutti.
LEI No. Tu no. Tu mi hai cercata dentro.
Pausa
LUI Devo bere, adesso.
LEI No! Aspetta ancora un po’! E’ stato dopo il rapporto di Ivan che ho cercato di autopunirmi. Volevo scontare qualcosa. Pagare la mia follia, la mia prostrazione davanti a lui, la mia umiliazione di donna e di essere umano. La mia patetica colpa.
LUI Gli uomini sono quello che sono. E poi, i sensi di colpa
sono più forti quando non se ne hanno, di colpe.
LEI Non è vero. La cura mi ha fatto capire che c’era qualcosa di torbido, in me.
LUI Letteratura. Questa storia dell’autopunizione sta a metà strada tra Dostoevskij, Freud, la morale cattolica e Le Mille e una Notte. No, stai tranquilla. Non sei né Lolita né Lulù né Sherazade.
LEI Cosa sono, allora?
LUI Una ragazza che amo come un padre…. di un’altra.
LEI (ridendo) Amami, allora. Cosa aspetti?
LUI Io?
LEI E chi, se no?
LUI No, no, grazie.
LEI Non hai più voglia di me?
In questa e nelle battute seguenti il tono di Lui ha un piglio decisamente ironico.
LUI Non è questo. E’ passato un anno. Dura un’eternità, un anno, ad una certa età. Può avere effetti devastanti.
LEI Cosa stai cercando di dirmi?
LUI Niente. Che a settantadue anni un uomo non è turbato, se una donna lo rifiuta. E’ imbarazzato se gli dice di sì.
Lei ride.
Sai, si comincia a tergiversare. Perché no, vediamo, parliamone…
Lei ride più forte. Lui torna serio.
E poi, sarebbe triste. Come accettare di soddisfare l’ultimo desiderio.
Va verso il bicchiere, lo prende in mano.
No, non è di questo che ho bisogno.
Sta per bere.Lei lo ferma.
LEI Aspetta! Giralo, prima!
LUI Perché?
LEI Perché così arriva in circolazione più tardi.
LUI Cioè quando?
LEI Tra dieci minuti, più o meno.
LUI Sei esperta, come missionaria.
Porta il bicchiere alla bocca. Lei lo ferma di nuovo.
LEI No! Non lo fare!
LUI Che ti prende?
LEI Tutto questo è assurdo, solo adesso me ne rendo conto. Lascia stare quel bicchiere, gettalo a terra in mille pezzi! Andiamocene di qui, tu e io, soli!
LUI Tenendoci per mano, come due teneri amanti?
LEI Parlo sul serio. Andiamo via !
LUI Dove?
LEI Non lo so. Dove non ci troverà nessuno. Lasciamo l’organizzazione, insieme!
LUI Non piangere.
LEI Non piango, non piango. Rido, se mi dai retta.
LUI Faremo ridere gli altri. Sarò costretto a presentarti come la mia cara nipotina. E presto ti sarò di peso.
LEI Non sarà così. Saremo leggeri l’uno con l’altra.
LUI Leggeri? Ci separa un macigno di cinquanta anni.
LEI Non me ne frega niente della tua età. Non voglio che tu faccia una morte stupida, che ti sacrifichi per un ideale in cui non credi più.
LUI E tu ci credi ancora?
LEI Io sì. Non lo so. Mi sembra che il nostro motore stia perdendo colpi…forse anche per via della tua…ma non voglio pensarci. Andiamocene. Lasciamolo, questo paese ridicolo, pieno di toppe a colori come il vestito di Arlecchino!
LUI Come vivremo?
LEI Lavorerò. Niente mi spaventa: farò la tassista, la cubista, la cameriera, la baby sitter, la spazzina!
LUI Ne ho viste di carine, di spazzine. E io?
LEI Tu hai la tua pensione di Stato, no?
LUI Già. E’ vero.
Pausa.
Non posso.
LEI Perché?
LUI Perché abitiamo già in due paesi diversi.
LEI Torna da me. Riprenditi la vita.
LUI Si vive per perderla, la vita. Senza portarci niente con noi. Sai come dice quel proverbio tedesco? “L’ultimo vestito non ha tasche. “
Beve al bicchiere, fino in fondo.Lei piange.
LEI No! No!
LUI Non piangere. Sapevi che non potevo tornare indietro.
LEI Perché?
LUI Perché mi conosci. Ho poco tempo per avere rispetto di me. Adesso sono finalmente in pace con me stesso.
Ho tradito. Ho rinnegato le mie idee. E’ giusto che paghi.
LEI No! Ci dev’essere dell’altro!
LUI Hai ragione. Sono sempre stato affascinato dal senso della fatalità. Dell’ineluttabile. Solo che, prima, lo sfidavo. Ora mi piace andargli incontro.
LEI Non ti seguo. Non so cosa vuoi dire.
LUI Ti racconterò qualcosa che ti metterà in grado di capire. Molti anni fa, avevo dodici anni e la guerra era appena finita. Giocavo a palla con i miei amici, sulla riva della spiaggia, una striscia di rena sottile, umida, dura. Lì eravamo al sicuro, perché oltre la riva l’ampia distesa della sabbia bianchissima era tutta minata. Un regalo che ci avevano lasciato i tedeschi, ritirandosi dal fronte verso Nord. Il giorno prima un ragazzo, uno di noi, era saltato su una mina, nella sabbia, mentre giocava a palla con altri amici. Avevo visto il suo corpo. Era dilaniato, sventrato, sembrava un quarto di vitello.
Pausa.
Giochiamo, dunque. La palla finisce al centro della zona minata. Spicca, lì in mezzo. E’ più bianca della sabbia. Tutti la guardiamo come incantati. Uno di noi deve andare a riprenderla, sono i patti. Stavolta tocca a me. Tutti mi guardano. Vado verso l’ineluttabile, come per provocarlo. Il cuore batte all’impazzata nel mio petto. Penso ad un racconto di Poe che ho appena letto, “Il cuore rivelatore”. Il mio cuore rivelerà a tutti che ho paura. Me ne sbatto. Esco dalla zona di sicurezza, procedo con grandi salti in lungo, che ricadono su un piede solo: penso che così sono meno pesante. Devo sembrare un canguro zoppo. La sabbia scotta, sotto i miei piedi, ma non la sento. Sono un solo muscolo teso nello sforzo. Salto ancora. Un pensiero orrendo mi attraversa la mente: mi vedo esplodere, lo scoppio mi lacera i timpani, il mio corpo straziato ricade a brandelli sulla sabbia. Vado avanti, un altro salto, un altro ancora, ghermisco la stupida palla. Forse è più facile tornare indietro. Ricalco esattamente le orme che ho lasciato. Le centro con precisione millimetrica. Ecco. Sono di nuovo sull’arenile. Nessuno commenta, non è accaduto nulla
Riprendiamo tranquillamente a giocare.
LEI (sorride tra le lacrime) Perché lo hai fatto?
LUI Perché ho sempre considerato la vita come un gioco, come una sfida contro qualcosa. Ho vissuto a lungo come il ragazzo che procede per balzi su una spiaggia minata.
LEI E adesso?
LUI Beh, era ora di consegnarsi all’ineluttabile.
LEI Non mi è mai venuto in mente di sfidare qualcosa. Ho fatto il mio lavoro perché ci credevo….E ora…
Piange
il tuo stupido coraggio mi mette in crisi…accumulo dubbi su dubbi…
LUI Non piangere.
LEI Giuro, non piangerò più. Anzi, ti propongo un gioco.
Anni fa ho letto un racconto, non so più di chi. Parlava degli abitanti di un pianeta, che vivevano solo un’ora. Si accoppiavano rapidamente, nascevano nuove generazioni che vivevano intensamente, invecchiavano e morivano. Tutto in un’ora. Tu hai, diciamo…cinquantacinque minuti, te ne restano da vivere solo cinque. Io ho cinquanta minuti meno di te, ho solo cinque minuti ma ne dimostro di più. Bene, possiamo vivere insieme questi ultimi minuti.
Prende un pallone da basket, lo manda a Lui, che glielo
rimanda. Palleggiano parlando.
LUI Buon giorno, signorina. Lei ha la pelle molto bianca, sembra che un gabbiano abbia posato le ali sulle sue guance. Come si chiama?
Lei gli rilancia il pallone.
LEI Annah,
LUI ( tenta il canestro, lei raccoglie il pallone) Anna. Mi piace, le si addice.
LEI (tentando il canestro a sua volta) Non è Anna, è Annah, con l’acca finale.
LUI (raccoglie il pallone, lo passa) Ma non si sente, la “h” finale.
LEI (ripassandogli il pallone) Dipende da chi parla.
Lui tenta il cesto. Lei raccoglie il pallone.Glielo ridà.
LUI Sarebbe?
LEI Sarebbe che molti sanno dire “Annah” con passione, fanno sentire la “h”, in fondo, come un sospiro.
LUI (lanciandosi al cesto, infila da vicino) Lei sta cercando di dirmi, signorina, che a soli cinque minuti di età, ha già avuto molti adoratori.
Lei getta via il pallone, con malagrazia.
LEI Questo gioco non mi piace più.
Pausa.
Vedi? Non piango più.
LUI Hai ragione. Non c’è più tempo di piangere.
LEI Come stai?
LUI Non sento ancora niente.
LEI Io ho schifo. Ho nelle mani la sensazione di qualcosa di mobile e di viscido…
E’ commossa ma non piange.
Vorrei tornare indietro. Lì, sui banchi dell’aula universitaria. Qui, in un angolo della palestra, quando ci riunivamo fingendo di fare schemi geometrici per il basket. Al pub, quando venivi a trovarmi e parlavamo per ore….Vorrei fermare questa stupida storia di inutile stoicismo….Tu parli di ineluttabile come se fosse un crittogramma. Ma la verità è che stai per morire.
LUI Anna!
LEI Cos’hai?
LUI Niente.
LEI Ti prego. Dimmi che cosa hai.
LUI Non piangere.
LEI Non piango più, ti ho detto. Guarda, sorrido. Che hai?
LUI Una specie di formicolio.
LEI Dove?
LUI Ai piedi. Sale su, verso i polpacci.
LEI Ah. Comincia. Stenditi qui, sulla panchina.
LUI Perché?
LEI E’ meglio.
Prende una coperta. Gliela mette sulle spalle.
Mettiti questa. Sentirai meno freddo.
LUI Quanto tempo ho? Cinque minuti?
LEI Forse…sì, sicuramente.
LUI Che strano. Cinque minuti mi sembrano un tempo infinito. Un immenso scrigno prezioso.
LEI Perché?
LUI Perché ho tante vite da vivere, in questi cinque minuti
Posso dividerli in tante frazioni. E ogni frazione è un pezzo di vita.
LEI Io in quale frazione sono?
LUI Tu debordi.
Lei sorride tra le lacrime.
Sei dentro tutti i miei cinque minuti. Sono eterni, cinque minuti. Durano quanto un grande amore.
Rabbrividisce.
LEI Che hai?
LUI Ho freddo alle mani.
LEI Dammele. Te le scaldo.
LUI Ho paura di non poterle muovere.
LEI (gliele prende) E’ solo una tua idea.
Gli sfrega le mani.
Le senti?
LUI Sì, sì….Ho sempre amato il tocco delle tue mani. E’ come immateriale. Ma ha lingue di calore.
LEI Senti altro?
LUI Sento i secondi che sgocciolano via. E’ come una lenta emorragia di vita.
LEI Sta per cominciare l’ignoto.
Piange.
Dove sarai, tra poco? Perché non possiamo sapere dove andremo, dopo? Vorrei venire con te, ma dove?
LUI Quanto manca?
LEI Non c’è più orologio che te lo possa dire.
LUI Non muovo più le braccia.
LEI Hai le mie. Guarda. Sta nascendo l’alba.
LUI Dove?
LEI Lì, alla finestra . Un chiarore azzurrino.
LUI Non vedo niente.
LEI Me, mi vedi?
LUI Appena. Non vedo il tuo viso. Vedo i tuoi occhi che brillano come perle nere.
LEI La mia voce?
LUI Curioso, la tua voce mi arriva distintamente.
LEI Perché ti parlo all’orecchio. E te lo bacio.
LUI Sì! Sento il tepore delle tue labbra. Sono sempre state calde, le tue labbra.
LEI Vuoi che….? Ti piaceva tanto….
LUI Vorrei…Sarebbe come spostare indietro un blocco di tempo. Sarebbe come quando bastava il tocco delle tue labbra per riempirmi di un flusso benevolo, intenso. Sarebbe come una nostra piccola cerimonia privata, sacrificale…Ma non si può. Il freddo sta salendo. Senti, Anna, perché non mi canti qualcosa... una di quelle canzoni che mi hai insegnato ad amare?
LEI Lo sai che non so cantare.
LUI Non è vero. Sei intonata. E canti con il tesoro che hai dentro di te. Mi emozioni, quando canti.
LEI (lei canta, prima un po’ incerta, poi più sicura. Ma più va avanti, più è soffocata dalle lacrime)
Ci sono giorni interminabili
Ci sono ore indimenticabili,
Ci sono parole imperdonabili,
Ci sono gesti irreparabili.
Ci sono notti piene di sole
E giorni bui come fumarole.
E tutto questo si chiama vita.
La vie, Madame, ce n’est que ça.

C’è appena il tempo di aprire gli occhi
E hai già la neve nei capelli.
Ci sono storie insensate
E morti sospirate.
Ma io ti ringrazio, mia vita
Che m’hai dato una foto infinita.
E tutto questo si chiama vita.
La vie, Madame, ce n’est que ça.
La canzone, che ha preso toni più strazianti, se perde in un sussurro.
LUI Anna! Dove sei….?
LEI Sono qui, accanto a te….
LUI Mi sono arrivate le tue parole ma non sento più le tue mani. Anna!
LEI Che hai?
LUI Arriva!
LEI Cosa, arriva?
LUI Non piangere.
LEI Non piango. Dimmi.
LUI E’…come prendere un treno di ghiaccio. Fra poco mi fermerò all’ultima stazione….Ecco. Ci siamo. Addio, Annah. S’è sentita, la “h” finale stavolta?
Annah gli chiude gli occhi. E’ lucida, calma, fredda
LEI (al cellulare)Ciao, Ivan. E’ andata. Sì, ha saputo arrivare fino in fondo. Era forte ma tu non lo sai, non hai mai capito niente, di lui…Io? Io no. E’ stata dura, stavolta..Ti ho detto di no! Ho bisogno di riposo! Mandaci un’altra!Sospendi le mie missioni…Fino a quando?Non lo so! Ho bisogno di tempo.
Spegne il cellulare. BUIO.

 
 
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Leone Orfeo